Lunedì 25 luglio 2011 - Pontresina

-Luntane cchiù luntane
-El rio

Due amici che fanno ricerca in fisica nella vita, Marco Bersanelli (astrofisica) e Giovanni Cmelli (struttura della matera a Trieste), con l'intento di aiutarci in un dialogo perguardare l'esperienza dello studio e della ricerca scientifica, che tanti di noi stanno iniziando a vivere in università. Vogliamo toccare con mano l'incidenza di quello che abbiamo incontrato in un ambito quotidiano come lo studio: partiamo dalle nostre domande emerse nella nostra esperienza universitaria di fronte allo studio. E' proprio prendendo sul serio queste domande che iniziamo questo dialogo.
-Julius: continuamente ho rivisto il fascino dello studio della fisica nella mia visita ai laboratori dove farò la tesi. Mentre tornavo mi è venuta la domanda: ma io sto spendendo le mie energie per uno sfizio intellettuale oppure c'è una possibilità di compimento reale? Io studio una cosa che c'entra con il mio destino. Ma io per cosa sto dando il mio tempo? Per portare a termine gli esami oppure per scoprire di più che cosa sono io? Come vedete questa cosa voi che fate ricerca? Una risposta non ce l'ho, ma per me è ragionevole stare a questa cosa.
-Comolli: la scelta della tesi è definitiva oppure no? E' diverso se uno sta davanti a questa domanda lasciando entrare il dubbio o meno. Vale su qualsiasi cosa: dalla tesi alla scelta della moglie o del marito. Quindi se diventa un dubbio, alla fine diventi incerta su tutto! Se poi lasci che il particolare che ti interessa nella tesi diventi un buco su cui rinchiudersi non va bene. Ora, come giocarsi su un particolare può aprire invece di chiudere?
-Bersanelli: non ho mai veramente avuto questa domanda. Avevo un interesse molto chiaro per un certo tipo di fisica, la cosmologia, ed è sempre stata una grande attrattiva. Non ho mai avuto incertezze sulla strada, però non è per niente scontato che seguire un particolare porti alla corrispondenza che tu cerchi: uno si trova inghiottito da questo particolare. Un particolare nelle materie scientifiche è molto di più di quello che stai studiando: come posso dedicarmici senza riserva e senza farmi svuotare? Quindi, ci lasciamo svuotare o rimaniamo in superficie? Lo studio non ci realizza: la ricerca non ci realizza, nè Planck nè il sincrotrone. Ma la strada al mio compimento passa attraverso questa esperienza: solo così ci si può dare senza riserva. Si coglie il segno della totalità, di ciò che ti compie completamente.
-Feo: nella ricerca scientifica avete un esempio del fatto che lo studio non realizza, ma fa parte dell'avventura della strada al destino? A volte domina l'esperienza di soffocamento dello studio purtroppo, e anche la passione per la fisica muore. E, secondo, che cosa permette di vivere tutto così? Studio, rapporti, vista delle montagne.. Che davanti a cosa limitate ci sia il segno della totalità?
-Comolli: tu ti devi occupare di un particolare, non c'è alternativa a questo. Noi pure studiamo dettagli: e non funziona cercare il dettaglio più grosso da studiare! E ho in mente istanti in cui questa cosa si è manifestata: quando cogli il punto che prima non vedevi nella cosa che stai studiando accade qualcosa. Quel dettaglio che ti si svela si mostra a te, che sei così importante. Alla fine fai continuamente esperienza di momenti in cui questo accade e momenti in cui non accade, ma se sei leale, in questi momenti non ti puoi accontentare.
-Bersanelli: in questi momenti il cuore sobbalza di fronte a qualcosa che ti si rivela. E'il momento in cui capiamo davvero qualcosa, e a me è capitato quando abbiamo raffreddato per la prima volta gli strumenti di Planck dopo 17 anni, e quando abbiamo capito che stavano funzionando e mandando i primi dati. Mi si è svelato qualcosa: siamo fatti per la verità, per la totalità, per ciò che è vero. In che modo il nostro lavoro partecipa alla realizzazione dell'umano? Il nostro lavoro è una scuola di obbedienza alla realtà: non possiamo fare un passo senza obbedire al dato come si presenta. Ogni razionalità dovrebbe cercare, e noi ne siamo obbligati. E' un privilegio! Ed è difficile ed umiliante. Non si capisce, si fa una grande fatica. Occorre umiltà per questa obbedienza, ma non è frustrante: le cose si capiscono, alla fine. E l'aspetto più critico è il rapporto con le persone, soprattutto nelle collaborazioni; nel modo in cui viviamo il rapporto con gli altri è la parte più importante ma più difficile, da l'80% dei problemi. E' la cosa più difficile, ma non è separata dal resto.
-Comolli: ho sentito da molto presto l'esigenza di poter mettere dentro tutto di me, non solo gli aspetti che tu pensi essere rilevanti, non solo le competenze. Con chi lavoro voglio essere amico, voglio mettere dentro tutto. Io sono uno che fa i frizzi: ho organizzato una conferenza da 500 persone, alte personalità, e alla fine ho fatto i frizzi! E ho fatti i frizzi davanti a due premi Nobel: mi è venuto naturale.
-Apo: io studio agraria, e per la prima volta ho fatto esperienza di studio veramente pieno. Ho fatto un progetto di ricerca, convegno incluso. Questo progetto si innestava su un progetto dell'anno prima, per cui noi l'abbiamo completato. Abbiamo scoperto una cosa sulla crescita del riso, e il professore ci ha incitati ad andare avanti a studiare questo particolare. Lì ho capito di essere fatto per capire! Ma ho una domanda: come posso stare a questa esperienza? Sono rapporto con l'infinito, e ciò mi fa star sicuro sullo studio di questo particolare.
-Comolli: qualche volta mi accade di sorprendermi, come di fronte allo studente che risolve un problema in un modo che non capisco. O te la giochi dall'alto verso il basso, oppure dici la verità: non so perchè, pensiamoci. Nei giorni successivi ho pensato a quel problema, e quando l'ho capito ho goduto dello stesso godimento di una scoperta scientifica incredibile: è questo che io voglio, lealtà con il dato e disponibilità al sacrificio. Accettando la sfida.
-Bersanelli: devi leggere i segni che arrivano dalla realtà.
-Leo: mi piace la fisica terorica, e vorrei farlo di mestiere. Però mi piacciono molte altre cose, e temo di perdere qualcosa. Voi che ne pensate?
-Bersanelli: se uno va avanti sulla strada intrapresa desiderando che sia lo spalancarsi della mia vita, ciò che mi sembrava di aver lasciato da parte ritorna sempre! Mi dispiaceva lasciare la letteratura e la filosofia, e alla fine del liceo ero appassionato a Dante: mi dispiaceva non vederlo più. Però facendo la fatica di piegarmi alla ristrettezza del campo della fisica, col tempo ciò che mi aveva appassionato prima torna: leggo Dante, e leggendolo ora scopro il nesso con la cosmologia e la natura, e con il mio studio e con il giudizio che gli do. "Le cose tutte quante han ordine tra loro, e questa è forna che all'universo Dio fa simigliante". Tutto è dentro, dalla caffeina alle vacche che uno fa crescere, a Planck e all'universo stesso, che è un particolare.
-Comolli: come con la morosa. Avercela significa lasciar perdere le altre, ma poi potrai guardare tutto in modo diverso. Solo la strada ti farà poi capire se è la persona giusta. E' l'educazione che ti fa scoprire i talenti da mettere in gioco (dal Vangelo).
-Feo: questione particolare-totalità. E' come se ci fossero due livelli do comprensione: io capisco le cose, ed è esaltante quando le capisci. Però ci sono cose che ho capito, ma che poi non hanno lasciato traccia. Dopo un po' mi sono annoiato, che questo concetto di comprensione sia una cosa che stufi col tempo. Però una nuova esperienza mi è capitata: studiando astrofisica nucleare e relativistica mi è accaduto che, capendo le supernove con le stelle di neutroni sono stato davanti al mistero coscientemente, dentro quel particolare. E' l'esperienza di stare di fronte al particolare e a chi te lo ha dato. Questo capire fa tutto il percorso dal segno al significato: è un'altra cosa, e ho bisogno di questo. Accade raramente... ma è quello che desidero. E' anche la vostra esperienza?
-Bersanelli: non è capire fino in fondo se non arriva la gratitudine. Ci deve essere un rapporto di famigliarità, origine di gratitudine, la soddisfazione vera dello studiare. Come può durare un rapporto tra uomo e donna al di fuori della continua emergenza del mistero nel rapporto, che fa il rapporto? E' gravemente insufficiente l'oggetto in sè: è il significato, che lo compie. La gita non è panorama e basta: è anche aridità e fatica. Ma c'è una compagnia che ti aiuta a guardare, e che ti chiama alla tua grandezza: e allora c'è la gratitudine! E' il gusto di scoprire il mistero dentro le cose.
-Comolli: il capire così è inginocchiarsi di fronte al mistero che ti da il particolare, anche senza dargli ancora un nome, ma inginocchiarsi.
-Aime: ho una difficoltà che preme. Molte volte ho visto interesse nello studio, però guardando alla corrispondenza che vivo nello studio non tutta la gita è panorama, anzi. Non basta più capire le cose: che strada c'è perchè ogni istante ci sia pienezza nello studio, anche nei momenti in cui sembra arido? In che modo ci si può aiutare a non accontentarsi senza diventare scettici?
-Comolli: non c'è una tecnica, è una lotta drammatica e rimarrà sempre così, in tutto. Tutti hanno un rapporto che richiede fatica, sacrificio, con momenti di luce e bellezza, e momenti di sacrificio. E' decisiva la domanda di partenza: quanto sei disposto a mettere in campo? Che cosa ti fa mettere in gioco tutto te stesso? E ti imbatti in qualcuno che ti è compagno: o un maestro da seguire, oppure qualcuno che condivide la tua avventura. Io e un mio amico abbiamo sempre studiato insieme: è una risosra gratuita che mi sono trovato, e che ho deciso di sfruttare. Oggi siamo colleghi di dipartimento!
-Bersanelli: accontentarsi ti soddisfa? Capire le cose, fare l'esame, senza che ci sia dietro tu, ti soddisfa? La questione è prendere sul serio il disagio che soffriamo in queste circostanze. Non si è da soli! Avete un'amicizia straordinaria tra di voi, e poter condividere lo studio è una grande possibilità. E c'è sempre un maestro che ha fatto più strada di te. Un maestro che ho avuto è sicuramente George Smooth, il capogruppo del lavoro che ho fatto all'inizio della mia attività di ricerca: sono davvero grato a lui. Ci vuole fortuna a trovare il maestro, ma dopo bisogna riconoscerli e saperli seguire, desiderando di immedesimarsi nel modo con cui lui ha seguito la sua strada. Seguire è una cosa personale, significa accelerare il proprio cammino. Ma mi viene anche da pensare agli altri maestri, non del mio campo: don Giussani e Carròn, senza di loro la mia ricerca sarebbe molto di meno, anche con mille George Smooth al mio fianco. E' una questione di lealtà: la strada c'è, ed è avventurosa.
-Feo: quest'ultima cosa è la proposta e l'indicazione di poterla guardare assieme in questo periodo. Questa strada per vivere così c'è, con questa vibrazione di sè, per percepire il mistero dentro le cose. Questi due amici ci hanno introdotto alla loro esperienza: basta seguire, e piano piano sorprendi che studiando o andando in gita, giocando, ecc... questo respiro si inizia ad incuneare nel tuo sguardo, e quando lo sorprendi ti commuovi. E scoprirsi compagni di strada con voi è stato impressionante. Nessuno di noi può scappare: se lo desideriamo, una strada c'è. Dobbiamo decidere se seguirla.

Categories: