Martedì 26 luglio 2011 - Pontresina
-Feo: tre settimane fa in un viaggio in auto mi è ricapitato di sentire un canto russo, "il Campanello", e mentre lo ascoltavo è stato un aiuto impressionante durante il viaggio, a percepirmi come rapporto col mistero che mi fa. Ho ricominciato ad ascoltare qualche canto russo e mi sono sorpreso a ritrovare in loro una documentazione impressionante del fatto che l'uomo è rapporto col mistero, e che tutta la realtà parla di questo. E' la cosa più desiderabile per me, poter vivere con questa vibrazione, percezione del mistero presente. Mi fa riposare, e ho pensato di chiedere a don Pino di aiutarci nell'ascolto di questi canti, così lontani eppure così consonanti con il nostro cuore.
-don Pino: non spaventiamoci se sentiamo una estraneità. Questi canti hanno dentro una grandezza immensa, diceva don Giussani; dopo 40 anni, ora ogni coro universitario li ha nel repertorio! Coscienza vittoriosa del tempo e dello spazio, tesa alla scoperta di quello che fa grande l'io, come la canzone "Al Mattino". La cosa che colpisce è che nei temi della vita di tutti i giorni questi canti hanno una grande espansione: "il pero", "il tiglio", "il campanello", "il Volga". Vibra una coscienza grande della vita; Benedetto Croce diceva che la poesia è l'intuizione lirica su un piano cosmico. Ogni particolare è grande: dal pero nell'orto, al fare i panni, ecc... Tutto è vissuto su un piano cosmico. La Russia è enorme: il popolo russo ama la sua terra, la sua patria, e per l'animo russo tutto è grande, nel bene e nel male. Ma ecco la cosa che per noi risulta estranea: la naturalezza nel portare il particolare su uno scenario cosmico. Tutto è grande! Questa coscienza ampia, drammatica, si sente risuonare in ogni canto: cogliere questo nesso tra il particolare e il cosmo, il tutto, la grandezza del destino, implica un certo sacrificio. Non c'è azione vera, sentimento di una grandezza senza il sacrificio. Ospitare qualcosa di più grande implica sempre un sacrificio. E poi c'è un'altra particolarità estetica: il canto è sempre di popolo. La nostra cultura pone l'accento sulla persona, sul solista, mentre in quella russa ha il solista in funziona della coralità. Noi abbiamo smarrito questa sensibilità: nessuno canta più. Infatti la gente rimane stupita dal fatto che noi cantiamo! IL popolo non è formato da persone separate, ognuno per la sua strada: il popolo nasce invece quando c'è un bene comune. Il canto russo fa della coralità l'espressione della coscienza di popolo. Poi noi confondiamo questo popolo con il popolo comunista, perchè il comunismo è entrato così tanto nella mentalità da distorcerla completamente. Le melodie, alcune, sono tristissime: richiamano una religiosità, coscienza del mistero, che indica il bisogno che una positività si manifesti nella vita. Sarebbe bello paragonare questa religiostà naturale precristiana con alcuni esempi del canto liturgico, esplicitamente cristiano. E' l'albore di una risposta presente. Ascoltiamo ora con due canti fatti dal coro: il primo è "Il Pero". Ora ascoltiamo "Il Tiglio". Ora il canto che ci dice meglio di questa cosmicità, orizzonte di grandezza in cui la vicenda dell'io si esalta. E' il canto della scena della morte di Cristo, scelta da Pasolini: "La Steppa". Non accontentiamoci di cose piccole: Dio le vuole grandi: questa rinvigorirà la pesante influenza del nichilismo. Lunga e polverosa è la mia strada. Convogli silenzioni la percorrono. Il lungo giorno volge al tramonto, l'ombra lo attraversa: in essa, si perde la strada. "La Strada", il canto dei portatori di carrozze. "Canto dei battellieri del Volga": l'amore, il lavoro, la bellezza della natura e la lontananza della casa entrano in questi canti. Tu, madre Volga, ampio e profondo, oh, issa, oh, issa... Le gru, nel grigio mattino: si sente il triste richiamo, ci dicono addio, lasciano i campi natii. Con la primavera ritorneranno: ti voglio vicino, amore mio, anche d'inverno. "Le Gru". "Campane della Sera": quanti pensieri reca questo suono, giovinezza, terra natìa... Ricordo quando la lasciai per sempre e udii per l'ultima volta quelle campane della sera. Si sente il suono delle campane. Concludiamo ascoltando il coro cantare "Il Campanello". Penso al don Giuss: che lungo cammino da quando lui proponeva questi canti e tutti scappavano, al fatto che sono diventati patrimonio della nostra vita e delle nostre comunità. Il cammino al vero è un'esperienza: Giussani non ha avuto paura di sfidare le diversità culturali e il tempo. Quello che stiamo vivendo è vero! La sensibilità per i canti russi fiorisce nella nostra vita, prima o poi. Ogni particolare, anche il più banale, acquista valore. Ogni passo, con il passare del tempo, è l'inizio che riaccade. Non come è accaduto, ma lo stesso che è accaduto.
Categories:
Testi
Posta un commento